Alberto Rondalli


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L'aria del lago


L'ARIA DEL LAGO

Regia: Alberto Rondalli
Sceneggiatura: Alberto Rondalli Elena Calogero
Montaggio: Alberto Rondalli Giulia Ciniselli
Direttore Fotografia: Claudio Collepiccolo
Costumi: Nicoletta Taranta
Scenografia: Thierry Toscan

Musiche: Alessandro Sironi, ed. “Heristal”

Con
Mario Opinato
Ruggero Cara
Cinzia Bregonzi
Francesca Mainetti
Marina Remi
Daniela Tusa
Gianfelice Facchetti
Maurizio Tabani


Prodotto da
Rai Cinema e Sire Produzioni, con la collaborazione di Frame by Frame.
ITALIA 2007






Il film è una commedia tratta da uno dei migliori racconti del noto scrittore bellanese Andrea Vitali: “Il segreto di Ortelia”, pubblicato da Garzanti. Ambientata a Bellano, sul ramo lecchese del lago di Como a cavallo delle due Guerre mondiali.



SINOSSI
“Amleto Selva pensava di essersi finalmente accasato, sposando Ortelia, la figlia del Crippa, defunto macellaio in quel di Bellano. Ma il matrimonio si era ben presto rivelato avaro di soddisfazioni, soprattutto da un certo punto di vista e… diamine, lui si sentiva ancora giovane e prestante! Così interviene il dott. Durini, medico condotto del paese e animatore di una combriccola di amici dediti alla bella vita e alla frequentazione del bordello a Lecco. Gli amici, indifferenti al fatto che intorno a loro si stia affermando un nuovo movimento politico: il fascismo, si dedicano completamente alla loro attività di vitelloni di periferia. Tra di loro si fa notare ben presto l'Amleto, il quale animato da un inesauribile appetito sessuale, si divide tra le avventure amorose e la battaglia commerciale con l'altro macellaio del paese, diventato suo nemico giurato. Gli stravizi del Selva lo portano, dopo qualche anno, ad accusare un ictus che lo immobilizza sulla sedia a rotelle. Tutto il corpo dell'Amleto sembra piegato dalla malattia, se non per un piccolo dettaglio che sembra far ancora smaniare il macellaio. E così la pudica e riluttante Ortelia dovrà trovare una soluzione... Nel finale malinconico, mentre s'incominciano a sentire i rombi cupi della seconda guerra mondiale che si avvicina, il dott. Durini è rimasto solo. Amleto e Ortelia sono morti, la combriccola degli scavezzacollo si è dissolta al passare del tempo. Al dottore non resta che aspettare e ricordare, seduto su una panchina in riva al lago, e meditare su una figlia che forse non ha mai avuto…”

PREMI
*Migliore attore non protagonista (Ruggero Cara), BAFF 2008
*Migliore Scenografia, BAFF 2008
*Miglior Attore Protagonista (Mario Opinato) Salento International Film Festival SIFF 2008







Dal romanzo di Andrea Vitali, un amarcord alla Piero Chiara. Ottimo Opinato
Tenera è la carne per l'Amleto Selva, giovanotto siciliano pieno di furore erotico che dopo la Prima guerra mondiale arriva su quella sponda del lago di Corno. A Bella- no, dalle parti di Lecco, quattro case, una chiesa, il tabacchi. S'improvvisa macellaio, giusto perché finisce a scambiare lo sguardo con la Cirene, una bruttina neanche tanto stagionata che ha appena ereditato la bottega dal padre. Che però la prima notte di nozze stoppa sul nascere la passione del suo sposo: "Mi duole!", dice piangendo. Che fare? Per l' Amleto il dubbio è atroce, il piacere o il dovere. Fortuna che c'è il dottor Durini, medico condotto e viveur che con una combriccola di vitelloni strapaesani è solito approntare la Balilla per poi partire in allegria. Destinazione, il bordello più vicino. Ma nell'ombra della camera da letto c'è il destino in agguato. L'aria del lago diventa mesta, si sta come d'autunno sugli alberi le foglie. Tratto da Il segreto di Ortelia di Andrea Vitali (Garzanti), un romanzo popolare d'inizio Novecento, raccontato sul filo dell'amarcord, sferzato di ironia, alla Piero Chiara. E con l'esuberanza del protagonista Mario Opinato, scuola Actor's Studio. Affresco affettuoso, tragedia di uomini ridicoli, affidata al garbo di Alberto Rondalli, tornato al cinema dopo Quam Mirabilis, Padre Pio, Il derviscio.
(A.G.) FILM TV

Commedia classista ( e volgarità borghese
)
Lungo la linea lacustre del nostro cinema, su quel ramo lecchese del lago di Como, il film segue le orme di Chiara e riduce il protagonista, macellaio dagli istinti primordiali, come Paronzini in
Venga a prendere un caffè da noi. Siamo nei ruggenti 30, i maschi frequentano bordelli, i dottori depositano segreti e le servette restan gravide di padroni vigliacchi. Ispirato dallo scrittore comasco di bestseller Andrea Vitali, Rondalli firma una commedia di sapor teatrale, classista, malinconica per i sessi, pettegola, con sciabolate di perfida volgarità borghese. La radio suona Smoke gets in your eyes ma poi annuncia guerra. La voglia, la curiosità e la capacità di raccontare i fatti altrui, mixando la privacy alla sintomatologia dei tempi dai falsi ideali. Mario Opinato è buffo, goffo e virile, Ruggero Cara recita bene, Francesca Mainetti irradia mestizia.
Maurizio Porro (Corriere della Sera)


Una memorabile galleria di personaggi
I segreti della provincia sonnolenta
Ossessioni erotiche di un macellaio

Una provincia sonnolenta e grigia, immersa nelle brume del lago dagli scorci pieni di fascino, dove dietro a esistenze tranquille e professioni rispettabili, si agitano uomini e donne che assecondano desideri inconfessati, nascondono segreti. Più gli uomini delle donne, per la maggiore libertà di manovra di cui dispongono, come accadeva prima del femminismo e della cosiddetta rivoluzione sessuale degli anni Settanta. Figurarsi negli anni Venti del secolo scorso, quando è ambientatala storia di Amleto Selva narrata da Andrea Vitali ne “i1 segreto di Ortelia" edito ne12001 da Nino Aragno Editore, ripubblicato da Garzanti e dal quale Alberto Rondalli, regista lecchese (
Quam Mirabilis 1994 e Il derviscio 2002, presentato a Locarno), ha tratto L’aria del lago, in anteprima nazionale assoluta lunedì al Nuovo.
La provincia descritta da Vitali è quella che abbiamo visto al cinema: -
Signore e Signori di Pietro Germi- ma meno cattiva, quella de La stanza del vescovo di Risi (da Piero Chiara, scrittore al quale il medico condotto di Bellano è da sempre paragonato per i temi e le atmosfere), ma tutto sommato meno nostalgica. E la provincia di un altro cantore del lago, Davide Van de Sfroos, popolata da eroi minori, persone qualunque uscite dall'anonimato e diventate tali solo per l’amore del loro creatore. Dove i miti si incarnano, i tic diventano caratteri, dove si è sempre alla ribalta come protagonisti.
Con il sesso al posto d'onore, quello negato, quello sognato, quello mercenario. Come un marchio d'origine. Una provincia alla quale Rondalli ha regalato i colori caldi e sfumati dell’autunno, il rumore di fondo dell’acqua che batte ipnotica sulla riva, al cui ritmo adatta il racconto dell’ossessione erotica di Amleto Selva, una moglie non in grado di appagarlo, macellaio che baratta la carne della sua bottega con la carne fresca delle servette, che scopre con i notabili di Bellano il Bordello di Lecco, che percorre in lungo e in largo la Valsassina per lavoro non disdegnando incontri amorosi. La sua storia è narrata in un lungo flash back dal dottor Durini, il medico condotto di Bellano, unico sopravvissuto della combriccola di maturi goliardi che anima il film, mentre l'Italia entra nella seconda guerra mondiale con la dichiarazione del Duce da palazzo Venezia. Raccontato con uno stile scarno e il gusto dell’inquadratura, il film di Rondalli celebra i luoghi dando molto spazio al lago e alle montagne, mentre ci offre una galleria di personaggi che sembrano usciti da un album ingiallito di fotografie. Ce li mostra anno dopo anno, invecchiati, come in un fermo immagine dove tutto sembra uguale a prima ma in realtà tutto è cambiato. Convincenti e credibili gli attori, con gli interpreti principali, Mario Opinato (Amleto) e Ruggero Cara (dottor Durini), su tutti.
Claudio Scaccabarozzi (La Provincia)


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L'ARIA DEL LAGO di Simona Pellino
Una commedia malinconica e crudele. Un dramma satirico fatto di carne e di acqua, sulla vita, sull'amore, sulla guerra e sulla morte. Tratto dal romanzo “Il segreto di Ortelia” di Andrea Vitali, “L'aria del Lago” non è solo l'affresco della media borghesia italiana dalla fine degli anni Venti all'inizio della Seconda guerra mondiale, ma è anche la messa in scena della crisi dell'uomo contemporaneo, in lotta contro la sua dissoluzione fisica e morale. Dopo “Il Derviscio”, “Padre Pio” e “Quam Mirabilis”, Alberto Rondalli torna così alla regia per continuare a raccontare, attraverso i sentimenti, le relazioni affettive e il rapporto dei suoi personaggi con l'ambiente, gli eterni dilemmi dell'essere umano, teso tra piacere e dovere, conservazione e rivoluzione. Tutto ha inizio con l'arrivo a Bellano nel 1919 del giovane Amleto Selva, forse l'eroe più commovente della galleria di Rondalli, tanto più reale e appassionante, quanto più volutamente schematico e privo di sfumature. Amleto Selva, lo straniero che arriva da lontano in cerca di fortuna, sposa la giovane Cirene Crippa, unica erede di una piccola macelleria, confidando nel suo riscatto sociale ed esistenziale. Ma l'unione coniugale non sarà un affare per lui, perché la giovane donna soffre dispareunia, ovvero prova dolore proprio lì dove tutte traggono piacere e, per soddisfare i propri bisogni sessuali (e quindi il suo istinto alla vita), Selva dovrà cercare avventure extraconiugali, prima da solo, poi assieme a una compagnia di amici, nelle case di tolleranza del paese finché, colto da una paralisi, sarà relegato al silenzio. Ma del indomito macellaio tacerà la parola, non la carne e per porre rimedio alle crisi di Amleto, Cirene e in seguito Ortelia, dovranno trovare un altrettanto carnale panacea. film di Rondalli si dipana quindi da un'invenzione narrativa, che è l'impossibilità per Amleto-Cirene di godere di una consueta vita di coppia. Ed è da questo espediente che si snodano le storie degli abitanti di Bellano: uomini e donne che cercano invano di contenere, negli interni delle loro abitazioni, delle loro strade e dei loro locali commerciali, quell'ordine morale e sociale (oseremo dire apollineo) che il ferino e rustico Selva mina invece giorno dopo giorno con la sua “magnifica ossessione”. Genitori, figli e fratelli, droghieri, parroci, maestri e serve: personaggi idealmente conservatori, volti a comprimere quanto più è possibile le vie di fuga apparenti (come il bordello) e che invece si troveranno inermi di fronte all'esuberanza caotica e dionisiaca del Selva, così come dalla loro progressiva morte, che Rondalli annuncia fin dall'inizio del film, con la minaccia dell'avvento del Fascismo e della Seconda guerra mondiale. Nei confronti di questa piccola comunità che si dibatte tra le campagne del paese lombardo, il regista lecchese non esprime alcun giudizio. Anzi, grazie alla fotografia di Collepiccolo, le loro esistenze sono rese evanescenti e instabili, proprio come l'aria del lago su cui si affacciano, al punto da farne un film panico, capace di giocare con la contaminazione di uomini e paesaggi, natura e artificio. Da questa affresco di umanità, emergono gli “zingari” di Rondalli parenti ideali di quelli di Monicelli: il medico Durini, il veterinaio Decorati, il notaio Anfuso, detto Gallinaccio, l'ingegnere Cascanti. Borghesi inquieti che attraverso la burla, gli atteggiamenti goliardici e la ricerca del piacere lottano per esorcizzare la vita e per fermare l'esistenza. Uomini tragicamente ridicoli, maschere comiche di cui il regista restituisce la dimensione eroica, proprio attraverso la loro estrema stilizzazione, a sottolineare la grandezza tutta umana della loro lotta contro la dissoluzione. Ed emblema di questa guerra intima, ma non meno deflagrante di quella che si sta preparando negli anni Quaranta, è proprio il protagonista, Amleto Selva, un uomo che ha inciso nel suo cognome il destino della propria identità, natura generatrice di vita, tutta carne e corpo, che dal corpo trae piacere e dal corpo verrà tradito. distante dall'estetica contemporanea elettronica e veloce, “L'aria del lago” si affaccia così nel panorama cinematografico italiano come un film di rottura che restituisce una visione altra ma potente della provincia italiana, quella di una realtà liquida e restia nella sua lenta metamorfosi, ma in grado di rappresentare con forza il senso di precarietà esistenziale che impregna tutte le società di oggi, anche quelle metropolitane e globalizzate, sempre sull'orlo del conflitto bellico. Un piccolo film simbolo della modernità, quindi, dove l'ultima inquadratura di una panchina vuota si erge a epitaffio di uno sguardo malinconico che tenta di sopravvivere alla sua amarezza attraverso il filtro dell'ironia.






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